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Il protezionismo pronto a rispuntare

di Valerio Castronovo

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19 Giugno 2009

È divenuto sempre più evidente che a una crisi economica come quella che, da un anno a questa parte, ha assunto dimensioni e implicazioni di portata mondiale, si debba reagire con misure di carattere globale. Non si può infatti pensare che, per risalire la china, possano bastare determinati provvedimenti assunti finora a livello nazionale, anche se hanno cominciato a dare alcuni segnali positivi.
Per uscire dal tunnel della recessione e riprendere la via dello sviluppo, è indispensabile un'azione concertata su scala multilaterale, un'ampia convergenza di propositi e d'interventi commisurati a tal fine. Qualcosa del genere ha cominciato a delinearsi nel vertice del G-20 di Londra dell'aprile scorso, durante il quale si è deciso di immettere nel circuito dell'economia mondiale un consistente quantitativo di risorse sia per evitare il tracollo di alcuni paesi più pericolanti, sia per riattivare gli scambi internazionali, e si è stabilito altresì di porre al bando i paradisi fiscali.
Ma il più resta ancora da fare, se si vuole ripristinare la stabilità del sistema finanziario, incentivare gli investimenti e rilanciare l'economia reale. Ed è questo un compito tanto più difficile e complesso, poiché a ben poco servirebbero certe ricette e terapie ereditate dalle esperienze del passato, in quanto non più idonee a uno scenario economico che negli ultimi due decenni ha conosciuto tanti e così notevoli mutamenti di ordine strutturale.
Di fatto, si tratta oggi di creare un nuovo sistema di governance globale, che sia espressione e risultato di una serie di risoluzioni altrettanto efficaci che largamente condivise e, quindi, adeguate a un mondo sempre più integrato e interdipendente.
Senonché, perché sia possibile realizzare quest'obiettivo occorre che si manifesti innanzitutto una convergenza di forze e di propositi sul versante politico ad opera dei singoli stati nazionali. Altrimenti c'è il rischio che si rimanga in bilico, nel mezzo della bufera, e che nel frattempo si riaffaccino dietro le quinte, nell'illusione di potercela fare da soli, tentazioni ed espedienti di sapore protezionistico.
In pratica, è necessario che s'instauri un clima di reciproca fiducia e di fattiva cooperazione fra i principali attori della scena internazionale. A cominciare dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea, che insieme rappresentano quasi il 50% dell'economia mondiale, ma che finora hanno agito in ordine sparso, senza una parvenza di strategia comune. Altrettanto essenziale risulta un'intesa politico-diplomatica fra gli Usa e la Cina, fra il maggiore paese debitore del mondo e il suo principale creditore, e così pure un accordo di fondo fra la Ue e gli Usa da un lato e la Russia dall'altro.
Peraltro, la creazione di un ordine economico mondiale post-crisi, che si regga su basi salde e durevoli, non può prescindere dal concorso attivo di paesi emergenti come l'India, il Brasile, il Messico, il Sud Africa. Da tempo, infatti, essi non sono più dei semplici comprimari di terza fila, e oltretutto annoverano risorse e potenzialità tali, se convenientemente valorizzate, da modificare in un prossimo futuro la mappa geo-economica mondiale.
Resta tuttavia il fatto che dipenderà soprattutto da Stati Uniti, Unione Europea, Cina e Russia la possibilità di porre le fondamenta di un nuovo modello di governance globale. Perché sta ad essi, per primi, agire in modo da venire a capo di certi reciproci motivi di contrasto o d'incomprensione, altrimenti d'ostacolo a un effettivo partenariato, su alcune questioni cruciali riguardanti tanto i loro rapporti bilaterali che le loro direttrici di politica estera in alcune "aree calde" del mondo (dal Medio Oriente, all'Africa subsahariana, al Sud-Est asiatico) focolai di ricorrenti conflitti e tensioni.
In sostanza, un impegno collegiale e lungimirante a sciogliere determinati nodi e dilemmi esistenti sul versante politico internazionale, assecondando la causa della pace e della sicurezza, contribuirebbe all'avvento di un nuovo robusto sistema di relazioni economiche. Vale a dire un sistema che da un lato contempli norme valide e omogenee di regolazione dei mercati finanziari e un assetto più equilibrato dell'Fmi, e che dall'altro renda possibile un'ulteriore liberalizzazione degli scambi e una soddisfacente soluzione delle questioni aperte e ormai inderogabili in settori d'importanza vitale come quelli delle energie rinnovabili, delle fonti idriche e della tutela dell'ambiente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

19 Giugno 2009
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